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Mamma ho preso l’aereo, mi sono smarrita a New York – (part. 4)

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Arieccoce. Allora dopo una colazione, sufficiente a darmi scorte per tutto l’inverno, ho iniziato a pensare a come affrontare la giornata.
Piovigginava fuori, quindi ho deciso che era arrivato il giorno giusto per i musei.
Direzione MoMa.
Sinceramente non saprei che dirvi al riguardo. Io personalmente, non credo ci ritornerei. Ma c’è anche da dire che sempre io, ho fissato per 15 minuti una bottiglia di Gin abbandonata per terra in una delle sale, pensando fosse un’opera.
Finché un addetto non l’ha presa e cestinata. Quindi potete ben capire quanto io ci capisca di arte.
Sono uscita dal museo con la sensazione di aver sprecato tre ore e con l’eco di Sgarbi nella testa per tutto il giorno (CAPRA, CAPRA, CAPRA).
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Il resto del pomeriggio l’ho passato a zonzo tra Greenwich, Soho e Little Italy. L’essenza di New York, secondo me, è tutta là.
In realtà ero andata per cercare la casa di Carrie (Sex&theCity per chi non lo sapesse, anche se vi meritereste due sberle se non lo sapeste). Alla fine l’ho trovata, ma ovviamente stavano facendo lavori e quindi mezza facciata era coperta, da un telo gigante con la scritta ‘MAINAGIOIA’.
OVVIAMENTE.
Quella pioggerellina malefica comunque mi stava facendo saltare tutti i piani. Niente visita panoramica all’Empire, niente pattinaggio sul ghiaccio, niente zoo a Central Park.
“Potrei andare a Brooklyn e farmi tutta la passeggiata sul ponte”. Daje!
Mezz’ora di metro per arrivare al punto dove avrei dovuto cambiare treno. E per rendermi conto che, nel frattempo fuori aveva iniziato a venire giù il diluvio universale.
Ok beh, piano B.
Rientro in metro per tornare verso il centro. Anzi mi correggo, provo a rientrare in metro, ma da buona samaritana avevo strisciato la card cinque minuti prima per far entrare un ragazzo che era rimasto chiuso fuori, cosi ora, ero io quella chiusa fuori .
Niente metro, ok.
Risalgo in superficie, ormai era buio, cellulare completamente scarico, pioggia a dirotto e nessuna idea su dove cavolo fossi. E mo’?
E mo’ ti arrangi.
Ho iniziato letteralmente a vagare a caso, sotto l’acqua, in cerca di uno Starbucks almeno per caricare il telefono e cercare di capire in che parte dell’emisfero terrestre mi trovassi.
E voi sapete perfettamente come funziona. A NY ci sono Starbucks ad ogni angolo… quando non ti servono.
Ma quando ne cerchi uno, il più vicino si trova sicuramente ad almeno 10 km.
L’ho trovato, ci sono rimasta giusto il tempo di caricare il telefono il minimo per riuscire a tornare in albergo, anche perché ero completamente fradicia, fuori c’erano 2 gradi e i km di camminata giornalieri iniziavano a farsi sentire.
Mi avvio per tornare, un po’ sconsolata lo ammetto.

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Fortunatamente ero a New York e New York non permette che tu ti possa sentire sconsolata.
Sono passata per caso davanti al Bryant Park. Ero davvero stanca e avevo veramente tanto, tanto freddo, ma c’erano dei mercatini natalizi, musica e profumo di cannella nell’aria, non potevo non andare a vedere cosa c’era. E ho fatto bene.
Circondata dai mercatini, nascosta dai grattacieli, c’era una pista di pattinaggio sul ghiaccio.
Coppie, bambini, famiglie..tutti a pattinare. Ecco cos’è NY a Natale.
Il sorriso che mi si è stampato in faccia…Va beh, ma che ve lo dico a fare!
Sono rimasta là per un po’ a godermela, il freddo, la stanchezza, i mainagioia… tutto era in standby.
Poi però mi sono ripresa, sono corsa in albergo per farmi una doccia calda e non vedevo l’ora di uscire di nuovo per scoprire qualcos’altro.
Iniziavo anche ad avere un po’ di fame ad essere onesta, quindi ho cominciato a guardarmi intorno per cercare un posto dove cenare. Alla fine sono capitata in una tipica tavola calda, tavoli larghi, panche in pelle rossa, cheeseburger giganti, ma soprattutto partita in diretta. IN DIRETTA AD ORA DI CENA! Mi ricordo di aver iniziato in quel momento a considerare seriamente l’idea di trasferirmi per vivere là.
Ho pagato il conto, chiacchierato un po’ con uno dei camerieri che mi aveva fatto i complimenti per la mia fantasticissima felpa natalizia (meritatissimi aggiungerei) e sono uscita.

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Appena messo fuori il muso, ho avuto un brivido.
Mi sono accorta che non solo avevo appena ricevuto dei complimenti, ma che non avevo nemmeno avuto bisogno di chiedere di ripetere. Avevo capito cosa mi aveva detto!
Diciamo che New York era decisamente riuscita a farsi perdonare per la giornata!
Ma non era ancora finita.
Ero stanca, finita, ma non volevo dormire, quindi ho optato per una passeggiata verso il Rockefeller Center, dove proprio quel giorno avevano acceso l’albero.
New York si veste natalizia già da metà novembre e ammetto che è qualcosa di spettacolare.

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Ma non è veramente Natale finché non accendono quell’albero.
Avevo visto quell’immagine miliardi di volte. In poster, cartoline, film… ma quando me la sono trovata davanti, sono stata pervasa da un incredibile voglia di cioccolata calda, regali da scartare e di maglioni con le renne. Banale? Può essere.

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Ma oh, so’ bravi sti americani!
Non contenta di tutto ciò, tornando verso l’albergo sono passata di fronte ad una libreria immensa.
‘Perché no?’ ho detto.
Beh tanto per cominciare perché sono libri e non vestiti. E poi, perché oltretutto sono in inglese. Cosa entri a fare?!
Sono entrata.
Sono entrata e ho trovato ciò che mai avrei pensato di trovare. Totalmente inaspettato e imprevisto.
Premetto che dal 1994 ho una leggerissima passione per Nightmare Before Christmas.

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Beh, li in quella libreria, ho trovato (in edizione limitata per il 20esimo anniversario) la versione del libro scritto e illustrato con i disegni originali di Tim Burton.
Se l’ho comprato o meno, lo lascio immaginare a voi.
Va bene New York ho capito, ti ho perdonata, adesso puoi smetterla di fare la splendida.. mi hai convinto!

Beh avevo ancora 3 giorni, secondo voi ha smesso?

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19 anni, 29 sulla carta. Sono una giornalista, scrittrice, viaggiatrice, blogger, esperta di musica, cinefila, sportiva, imprenditrice… poi però mi sveglio tutta sudata.
E restano solo le spalle larghe, l’ironia e i Gin Tonic

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