HomeBlogGianluigi#WanderlustChat interviste ai travelblogger: Salvatore di Sardinia Mood

#WanderlustChat interviste ai travelblogger: Salvatore di Sardinia Mood

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Salvatore ci ha scritto qualche settimana fa, interessato al nostro progetto. Siccome non c’è niente di più bello di conoscere sempre persone nuove, ho deciso di proporgli la nostra classica chiacchierata così che lui possa presentarsi e noi (io per primo) conoscerlo meglio. Quindi, dalla terra sarda, ecco la chiacchierata fatta con Salvatore!

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G. Ciao Salvatore! Allora, raccontaci qualcosa di te…fatti conoscere

S. Laureato in economia del turismo, dottore di ricerca in geografia, mi occupo da anni di marketing turistico e territoriale … e qui finisce la parte più seriosa perché sono anche un ragazzo estroverso, imprevedibile e costantemente col sorriso sulle labbra. Insomma per me il bicchiere è sempre mezzo pieno! Impulsivo fino al midollo come qualsiasi nato sotto il segno dell’ariete, amo viaggiare, ascoltare le persone e raccogliere sempre nuove sfide. Non sopporto le imposizioni e tutto ciò che genera gabbie fisiche e mentali. Credo che questa predisposizione sia dovuta alla mia terra, la Sardegna, che con i suoi paesaggi sconfinati mi ha nutrito di libertà

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G. Terra sarda a cui sei molto legato, tanto da aprire un blog….

S. Si! Il mio blog, Sardinia Mood, è online da pochi mesi ma le soddisfazioni che mi sta regalando sono tante! La mission di Sardinia Mood è quella di raccontare i luoghi che visito unitamente alle sensazioni e alle emozioni che mi regalano. Insomma io sono sempre lì a cogliere il mood del momento! Il mio logo è una mongolfiera che spicca il volo ma … nulla è come sembra! E se fosse invece una tazzina fumante di caffè, davanti alla quale fare due chiacchiere?

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G. Progetto interessante…

S. …Però Sardinia Mood non è solo un blog di viaggi ma molto di più. E’ la mia seconda pelle e talvolta il mio biglietto da visita. Proprio per questo me ne prendo cura con costanza e dedizione. In questi ultimi anni, grazie a diversi progetti, ho avuto l’occasione di viaggiare parecchio e vivere fantastiche esperienze! Ho pensato che fosse un peccato non condividerle col mondo

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G. C’è una festa in particolare Sarda di cui ti va di parlarci?

S. La Sardegna è una terra ricca di feste e tradizioni, molte delle quali risalgono a un passato lontano, a quando sull’isola ad essere venerate erano divinità pagane del calibro della Dea Madre Mediterranea o di Bacco. Una volta sopraggiunta la religione cattolica, con i suoi culti e i suoi cerimoniali, i santi, veri o presunti tali, hanno sostituito i diversi Protettori del vento, del fuoco, dell’acqua e dell’aria fino a quel momento invocati. Eppure, ancora oggi, sopravvivono immutati numerosi riti che hanno saputo resistere a tali tentativi di cancellazione o trasformazione. I festeggiamenti del carnevale, tra i miei preferiti, si inseriscono a pieno titolo in questa cornice dove il profano ha sicuramente avuto il sopravvento sul sacro. Non che in Sardegna manchino i coriandoli, le stelle filanti o le chiacchiere spolverate di zucchero a velo ma il fatto è che qua il Carnevale, detto anche Carrasegare, ha un sapore diverso. Il Carnevale sardo, specie quello che si tramanda ancora nelle zone interne, non coincide infatti con la visione stereotipata dello spirito carnascialesco fatto di scherzi, musiche allegre e divertimenti sfrenati. Le maschere sarde sono cupe, a tratti incutono paura, indossano abiti scuri e incedono lentamente con fare claudicante. Generalmente si muovono in gruppo, silenziose o emettendo versi gutturali, mentre inscenano danze ancestrali che, nella loro solennità, rievocano il ciclo della natura, secondo l’alternanza della morte e della rinascita. Tra le mie preferite sicuramente ci sono quelle di Ottana e Mamoiada, due paesi del nuorese in cui la tradizione è da sempre sentitissima e trasmessa di generazione in generazione. Il Carnevale in Sardegna prende inizio il 16 gennaio, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate –riproposizione in chiave cattolica del mito di Prometeo che rubò il fuoco per donarlo agli uomini – quando vengono accesi enormi falò che, per tutta la notte, ardono nei paesini e attorno ai quali si radunano le maschere che fanno la loro prima uscita pubblica. Ha un qualcosa di magico e misterioso il Carnevale sardo, nel suo modo speciale di catalizzare l’attenzione degli astanti che vengono letteralmente rapiti davanti quello che sembra un vero e proprio rito sciamanico e propiziatorio fatto di passi cadenzati, campanacci sonanti e scintille scoppiettanti.

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G. E se invece ti chiedo il tuo piatto sardo preferito?

S. Cucinare è una delle mie grandi passioni e se affermo di cavarmela piuttosto bene ai fornelli non temo di essere smentito. Credo molto nel potere del cibo, o per meglio dire del buon cibo (quello preparato con ingredienti quanto più tracciabili, genuini e se possibile di stagione) in quanto importante elemento di coesione sociale, essendo la convivialità un rito praticato da sempre, da parte di tutte le culture. Anche oggi, in tempi di globalizzazione e di ipertecnologia, non c’è niente di più bello di una spaghettata in casa o di una pizza con gli amici. Dunque il cibo come collante attorno a cui stringere rapporti, ridere, scambiare opinioni e ovviamente … ricette, cosa in cui noi italiani siamo unici al mondo!
Per me i piatti migliori sono quelli semplici, essenziali e preparati con pochi ingredienti. In parole povere, quelli della tradizione e ogni regione d’Italia ha le sue specialità. Se dovessi scegliere un piatto della Sardegna che amo particolarmente mi viene subito in mente un’icona della cucina sarda: Sa Seada che al plurale diventa Sas Seadas o Sas Sebadas. Ma come descrivere le Seadas? Potrei innanzitutto dire che si tratta di Non-dolci che comunque si sono guadagnati, honoris causa, il titolo di dolci a tutti gli effetti! Le Seadas vengono infatti servite a fine pasto, proprio come fossero un dolce. Si tratta di un piatto antichissimo di cui non si conosce ancora molto bene l’origine. Secondo alcune scuole di pensiero, il nome deriverebbe dallo spagnolo Cebar che significa cibare (l’assonanza tra Cebada = cibata/nutrita e Sebada è forte) e sarebbe una reminiscenza dei secoli di dominazione catalana e aragonese nell’isola. Secondo altri, invece, il termine deriverebbe da Seu che in Sardegna significa unto, per via del fatto che le Seadas vengono fritte nell’olio caldo e quindi sono ovviamente oleose. Questioni semantiche a parte, la Seada è una vera e propria goduria del palato. Potrei descrivervela come una sorta di raviolone fritto che al suo interno contiene formaggio vaccino filante, lavorato con la buccia grattugiata del limone e che, ancora calda, viene cosparsa di miele o di zucchero. Io personalmente preferisco lo zucchero, perché accentua maggiormente il contrasto tra il dolce e il retrogusto leggermente acidulo del formaggio ma de gustibus … a quanto pare la ricetta originale, quella dei duri e puri, prevede solo il miele.

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G. In ultimo… pensi ci sia qualcosa che manca in Sardegna?

S. Questa è una domandona da un miliardo di dollari … sono tante le cose che mancano in Sardegna, a parer mio, ma se proprio dovessi limitarmi a sceglierne una sarei indeciso tra il lavoro e i collegamenti aerei. Essendo però quello del lavoro (che non c’è) un problema che riguarda anche altre regioni d’Italia, ritengo che sul fronte dei collegamenti aerei rappresentiamo un unicum nello scenario nazionale ed europeo. Se la condizione di insularità si trasforma in isolamento ecco che quello che viene definito un paradiso rischia di trasformarsi in una gabbia. E te ne rendi conto quando hai la necessità e la voglia di uscire dall’isola e non trovi un volo disponibile e se lo trovi i prezzi sono talmente alti che ci rinunci. Capisci che quando da una regione che sta al centro del Mediterraneo, che dovrebbe fare della sua posizione strategica un punto di forza, si fanno fuggire le principali compagnie low cost lasciando di fatto il mercato in mano a pochi vettori, si attua un vero e proprio monopolio dei cieli che si traduce in un chiaro ostacolo alla mobilità in ingresso e in uscita. Un handicap che ci penalizza su più fronti e che richiede risposte immediate che purtroppo tardano ad arrivare.

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Salvatore è un grande! Riuscire a raccontare della sua terra con così tanto sentimento fa capire quanto sia legato alla Sardegna. Questo è uno dei motivi che ci hanno spinto a cedergli un piccolo spazio al di sopra del nostro portale dove permettergli di raccontarci qualche dettaglio, particolarità e sensazione della Sardegna, terra che noi, di Milano, non visitiamo così facilmente. Le parole di Salvatore mi hanno colpito, specialmente l’ultima risposta: non immaginavo assolutamente questo sentimento di disagio dovuto alla difficoltà di uscire al di fuori dei confini marittimi… ci sono cose che spesso sono davanti ai nostri occhi, ma non riusciamo davvero a vedere!

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Ringraziamo Salvatore e se siete interessati a seguire il suo progetto vi invitiamo a visitare il suo sito e seguirlo sui vari social!

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